VINITALY: COLDIRETTI, DA ETICHETTE A FALSI, LA CANTINA DEGLI ORRORI
Chi farebbe un bel aperitivo a base di Kressecco o pasteggerebbe con un finto rosè fatto con la polverina per poi concludere il pasto con un bicchierino di Marsala made in USA?
Non bastavano il parmesan e i suoi fratelli ad insediare la cultura gastronomica italiana. Anche il vino, grande eccellenza del Belpaese, è sotto attacco da parte dei pirati della contraffazione. Una vera e propria "cantina dell'orrore" quella che Coldiretti ha svelato al Vinitaly in corso a Verona in questi giorni.
Dalle etichette
allarmistiche ai wine kit, dai falsi al taglio dei fondi per la promozione, il
vino italiano è sotto attacco con ripetuti blitz a livello comunitario che
penalizzano il settore come il via libera concesso all’Irlanda ad adottare
un’etichetta per vino, birra e liquori con avvertenze “terroristiche”. E’
l’allarme lanciato dalla Coldiretti in occasione di Vinitaly 2023 di Verona
dove è stata aperta la prima cantina degli orrori con gli esempi
più eclatanti degli attacchi al vino.
Il giusto impegno
dell’Unione per tutelare la salute dei cittadini secondo la Coldiretti non può
tradursi in decisioni semplicistiche che rischiano di criminalizzare
ingiustamente singoli prodotti indipendentemente dalle quantità consumate. E’
infatti del tutto improprio – precisa la Coldiretti – assimilare l’eccessivo
consumo di superalcolici tipico dei Paesi nordici al consumo moderato e
consapevole di prodotti di qualità ed a più bassa gradazione come la birra e il
vino. Un approccio ideologico nei confronti di un alimento come il vino che –
sostiene la Coldiretti – fa parte a pieno titolo della dieta mediterranea e
conta diecimila anni di storia e le cui tracce nel mondo sono state
individuate nel Caucaso.
Ma il vino Made in Italy –
spiega Coldiretti – deve affrontare anche altri attacchi. Un esempio è la
scelta della Ue di autorizzare nell’ambito delle pratiche enologiche
l’eliminazione totale o parziale dell’alcol anche nei vini a denominazione di
origine. In questo modo viene permesso ancora di chiamare vino un prodotto –
sottolinea la Coldiretti – in cui sono state del tutto compromesse le
caratteristiche di naturalità per effetto di trattamento invasivo che
interviene nel secolare processo di trasformazione dell’uva in mosto e quindi
in vino.
Si tratta di un precedente
pericoloso che apre la strada all’introduzione di derive che mettono fortemente
a rischio l’identità del vino italiano, che è la principale voce dell’export
agroalimentare nazionale” afferma il presidente della Coldiretti Ettore
Prandini nel sottolineare che “è in atto una demonizzazione indiscriminata,
pilotata da alcune multinazionali, che punta ad affermare un nuovo modello
alimentare e culturale che danneggia il settore e mette in discussione storia,
cultura e valori fortemente radicati nel cibo e nei vini made in Italy, la
dieta mediterranea stessa, patrimonio Unesco e il consumo moderato e
responsabile che contraddistingue il vino in Italia”.
Ma tra le pratiche
discutibili c’è anche lo zuccheraggio del vino – spiega la Coldiretti – che è
ad esempio permesso nell’Unione Europea ad eccezione di Italia, Spagna,
Portogallo, Grecia, Cipro, Malta e in alcune aree della Francia che
rappresentano però circa l’80% della produzione comunitaria.
Negli Stati Uniti –
riferisce la Coldiretti – è addirittura consentita l’aggiunta di acqua al mosto
per diminuire la percentuale di zuccheri secondo una pratica considerata una
vera e propria adulterazione in Italia. Miscele di vini da tavola bianchi e
rossi per produrre un “finto rosè” vietate in Europa sono possibili invece in
Nuova Zelanda e in Australia. L’Unione Europea però – continua la Coldiretti –
ha dato il via libera anche al vino senza uva con l’autorizzazione alla
produzione e commercializzazioni di vini ottenuti dalla fermentazione di frutti
diversi dall’uva come lamponi e ribes molto diffusi nei Paesi dell’Est.
L’ultima frontiera
dell’inganno – continua la Coldiretti – è nella commercializzazione molto
diffusa, dal Canada agli Stati Uniti fino ad alcuni Paesi dell’Unione Europea,
di kit fai da te che promettono il miracolo di ottenere in casa il meglio della
produzione enologica Made in Italy, dai vini ai formaggi. Si tratta di
confezioni che grazie a polveri miracolose promettono in pochi giorni di
ottenere le etichette più prestigiose come Chianti, Valpolicella, Frascati,
Primitivo, Gewurztraminer, Barolo, Lambrusco o Montepulciano. Il problema non è
legato solo all’utilizzo delle pregiate denominazioni del Belpaese poiché in
base alla normativa europea del vino, non è possibile aggiungere acqua nel vino
o nei mosti.
Ma a pesare sono anche i
rischi legati alle richieste di riconoscimento di denominazioni che evocano le
eccellenze Made in Italy – ricorda Coldiretti – come nel caso del Prosek
croato, un vino dolce da dessert tradizionalmente proveniente dalla zona
meridionale della Dalmazia, contro la cui domanda di registrazione tra le
menzioni tradizionale l’Italia ha fatto ricorso, in virtù del fatto che
potrebbe danneggiare il Prosecco.
Quello dei falsi resta
comunque un mercato molto florido dove i rischi riguardano l’utilizzo delle
stesse o simili denominazioni o simili per indicare prodotti molto diversi. Dal
Bordolino argentino nella versione bianco e rosso con tanto di bandiera
tricolore al Kressecco tedesco, ma ci sono anche il Barbera bianco prodotto in
Romania e il Chianti fatto in California, il Marsala sudamericano e quello
statunitense tra le contraffazioni e imitazioni dei nostri vini e liquori più
prestigiosi che – conclude la Coldiretti – complessivamente provocano perdite
stimabili in oltre un miliardo di euro sui mercati mondiali alle produzioni
Made in Italy.
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